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Vorlage:Edificio civile Palazzo Broletto a Pavia è un edificio del XII secolo che si trova in piazza della Vittoria.

Il broletto (dal latino brolo, cortile o campo recintato) o arengario si identifica nelle città lombarde, a partire dall'XI secolo[1], come un'area recintata dove si solevano svolgere le assemblee cittadine e dove si amministrava la giustizia. In seguito il termine venne usato per identificare il palazzo dei consoli, del podestà e genericamente il palazzo municipale.

Il Broletto di Pavia risale al XII secolo. Venne eretto, secondo la tradizione, per volere del vescovo San Damiano, che lo elesse a sede vescovile, anche se l'edificio divenne, in seguito a numerose modifiche, sede del potere temporale, in qualità di palazzo comunale.

Sopra un'area che ospitava domus e altri edifici di età romana, come testimoniato dai reperti e da un mosaico (ora conservato nei Musei Civici) databile al IV- V secolo d. C. rinvenuto durante i restauri effettuati tra il 1926 e il 1928[2], venne edificato il palatium Novum, sede del Comune. Prima sorse l'ala sud dell'edificio, seguita immediatamente da quella est. la bibliografia è concorde nel considerare pertinente all'ala meridionale dell'attuale broletto la datazione sullo scorcio del XII secolo attestata anche dall'iscrizione encomiastica, ora conservata nei Musei Civici. In seguito venne eretto, nel volgere di soli due anni (1197- 1198), il nuovo palazzo in fregio alla piazza di San Savino (piazza Cavagneria) che si insinua all'interno di una situazione a corte, di cui si ricalca verosimilmente il perimetro con il progredire delle acquisizioni civiche (dell'ala settentrionale e forse di levante nel 1236). Analogamente ad altri edifici comunali, queste strutture presentavano dei portici al piano terreno, di cui sussistono tracce nel prospetto che chiude a sud il cortile del broletto, e che si affaccia col fianco opposto su piazza Cavagneria. Si possono infatti osservare i profili di 5 luci di portico terreno (soprattutto dietro la cinquecentesca Loggetta dei Notai), su bassi pilastri circolari con capitello a cubo scantonato, superiormente ai quali si aprivano, non in asse con gli archi del loggiato, trifore sotto arcata laterizia a tuttosesto, alcune delle quali solo recentemente riportate alla luce.


I pilastri sono in pietra, come il rivestimento della parete nella porzione corrispondente al piano terreno, mentre il paramento soprastante è laterizio e nelle trifore sono in marmo le colonnine e i capitelli fogliati, di elegante fattura "francesizzante", che le completano. L'edificazione procede per singoli corpi di fabbrica, dislocati a sud e quindi a nord nell'ala a fronte. Nel fabbricato odierno di levante l'impianto duecentesco sembra condotto almeno in due fasi. Corpo a sé stante e la casa-torre settentrionale nella quale era la chiesa di Santa Lucia e, probabilmente, il primo nucleo dell'abitazione del podestà, già menzionata nel 1240. Un secondo fabbricato parrebbe introdotto in successione di tempo e per ragioni funzionali di collegamento. Presenta infatti una dimensione di profondità ridottissima (6,30 metri circa) e un'altezza ragguardevole, come indicano al secondo piano superiore i resti di due monofore, una delle quali profilata da intonaco dipinto.Si configura inoltre verso il corte in sequenza di arcate (poi tamponate) e colonne laterizie con capitello cubico e collarino e, verso la corte piccola a oriente, con muratura dal lieve andamento a scarpa, senza soluzione di continuità rispetto al torrione e a un fabbricato minore, incuneato nell'angolo. Questo assetto conchiuso sembrerebbe conseguito poco dopo la metà del Duecento; contestualmente si nominano, nel 1264, il "palazzo nuovo" e il "palazzo vecchio" e, nel 1279, le case del podestà. Il palazzo vecchio ospitava i consoli di giustizia per l'Oltrepò e la Lomellina, i consigli segreti, mentre il palazzo nuovo ospitava il Consiglio, la Credenza dei Cento Sapienti e il Consiglio Generale dei Mille Credenziari. A seguito della trasformazione oligarchica di primo Trecento, il Consiglio dei Dodici Sapienti si tenne invece nella stanze del podestà.Occupavano senz'altro la corte il portico del Collegio dei Giudici (già menzionato nel 1342 e allargato nel 1401). In età viscontea il complesso subì diversi interventi, come la trasformazione di alcune finestre (arricchite da cornici bicrome), la parziale chiusura delle antiche logge, mentre, almeno dal 1398, nell'ala meridionale affacciata su piazza Cavagneria vengono create delle carceri. Nel 1498 il prospetto affacciato su piazza Grande (ora piazza Vittoria) versava in cattivo stato, furono allora avviati lavori per la sua sistemazione. È probabile sia così intervenuta la costruzione della loggetta della facciata, articolata su due ordini di arcatelle profilate e inframmezzate da oculi in cotto, secondo modi propri del primissimo Cinquecento. Originariamente la loggetta era più leggiadra di quanto oggi appaia, dato che era sormontata da una un'edicola, sorretta da arcatelle e coperta da una cupola a padiglione, che ospitava una stata della Madonna (la stessa statua esposta ora in una delle finestre della facciata del palazzo), realizzata tra 1601 eil 1604. Nel 1872[3] l'edicola venne eliminata e al suo posto un orologio. A partire dal 1538 furono eseguiti interventi per dare omogeneità e completezza ai prospetti sulla corte, mentre tra il 1539 e il 1544, viene ultimata la loggetta dei Notai, vicino alla quale fu realizzata nel 1556 la cappella del carcere (demolita nel 1862). Tra il 1561 e il 1564 venne rifatta la scalinata della facciata, che conduce alla sala del Consiglio Generale. Il palazzo fu sede dell'amministrazione comunale fino al 1875, quando il comune spostò la propria sede nel sontuoso palazzo Mezzabarba, dove si trova tuttora, e il Broletto divenne un edificio scolastico. Durante il ventennio fascista fu la sede del Partito Nazionale Fascista. Nel dopoguerra ospitò alcune scuole secondarie di primo grado fino al 1989, attualmente è sede della Scuola Superiore IUSS.

Il Palazzo Broletto è sede per mostre temporanee di arte moderna e contemporanea[4].

Alcune delle mostre tenutesi presso l'istituzione:

  • Visual Poetry - L'avanguardia delle neoavanguardie, a cura di Giosuè Allegrini (2014)[5]
  • Sergio Dangelo - Les Rendez-Vous, a cura di Francesco Tedeschi (2016)[6]
  • Robert Doisneau - Pescatore d'immagini, a cura dell'Atelier Robert Doisneau (2017)[7].
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Bibliografia

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  • Donata Vicini, Forma urbana e architetture di Pavia nell'età di Federico II, in "Speciales fideles imperii". Pavia e Federico II, Pavia, Comune di Pavia, 1995, pp. 7- 26.
  • Maria Teresa Mazzilli Savini, L'architettura gotica pavese, in Banca Regionale Europea (a cura di), Storia di Pavia. L’arte dall’XI al XVI secolo, III (tomo III), Milano, Industrie Grafiche P. M., 1996.
  • L. Giordano, M. Visioli, R. Gorini, L. Baini, P. L. Mulas, C. Fraccaro, L'architettura del Quattrocento e del Cinquecento, in Storia di Pavia, III/3, L’arte dall'XI al XVI secolo, Milano, Banca Regionale Europea, 1996.

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[[Categoria:Palazzi di Pavia]] [[Categoria:Broletti|Pavia]] [[Categoria:Architetture romaniche della provincia di Pavia]]